Che cosa sono i bias?

Quando gli uomini vogliono costruire o sostenere una teoria, come torturano i fatti al loro servizio!

Charles Mackay, 1852-

Un bias è una distorsione. Nel campo della misura rappresenta un errore sistematico che può essere determinato da tanti aspetti, come ad esempio un errore di strumentazione o, nel caso di una ricerca statistica, di selezione del campione.

Anche la nostra mente è affetta da bias che possono produrre percezioni errate del mondo e di conseguenza possono influenzare anche i nostri comportamenti. Si parla in questo caso di “bias cognitivi”.

Conoscerne l’esistenza non è sufficiente ad evitarli, ma può aiutare a capire meglio i nostri comportamenti e quelli altrui.

I bias cognitivi possono riguardare sfere diverse: i processi attraverso cui prendiamo decisioni, la formazione delle nostre convinzioni, il comportamento umano in generale, oppure riferirsi ai nostri comportamenti sociali o al modo in cui ricordiamo.

La pagina inglese di Wikipedia dedicata ai bias ne cataloga oltre 50, di cui sono disponibili anche alcune infografiche.

L’effetto Dunning-Kruger e la fallacia dello scommettitore

Un bias cognitivo è ad esempio l’effetto Dunning-Kruger di cui abbiamo scritto tempo fa e di cui abbiamo parlato nella sesta lezione del corso “Fisica per i cittadini”: tanto meno si è preparati su un argomento tanto più si crede di conoscerlo bene.

Anche le risposte istintive al gioco di Penney rivela una diffusa “fallacia logica” (ossia un errore nella logica del ragionamento) su cui possono cadere anche i più esperti. Si parla in questo caso della fallacia dello scommettitore (o di Monte Carlo) che si può manifestare nella tendenza a ritenere che una determinata sequenza, ad esempio di lancio testa/croce di monete, abbia più probabilità di manifestarsi di un’altra, senza tener conto della regola statistica che regola il fenomeno.

Nei prossimi articoli prenderemo in considerazione alcuni bias che possono riguardarci o riguardare le conversazioni su cui incappiamo. Iniziamo oggi con il bias di conferma.

Il bias di conferma

Il bias di conferma (confirmation bias) si riferisce alla tendenza a considerare più credibili le ipotesi che confermano ciò che già sappiamo in base a precedenti esperienze e ciò su cui concordiamo.

Questo influenza in maniera importante la selezione delle notizie o il modo in cui utilizziamo i social media, che a loro volta rafforzano il nostro bias di conferma mostrandoci solo i contenuti che abbiamo nel tempo dimostrato di apprezzare (mettendoci in una “filter bubble” dove tutti la pensano come noi).

Il bias di conferma tende a farci ignorare le idee che contraddicono le nostre. Chi è contrario ai vaccini, ad esempio, tendenzialmente leggerà o ascolterà con attenzione contenuti che confermano ipotesi e paure di partenza e tralascerà post o articoli che vanno in direzione opposta.

Credere di conoscere già ciò di cui si ha bisogno può portare a inibire curiosità e processi di apprendimento, allontanandoci dalla possibilità di correggere la nostra visione delle cose.

Siete proprio sicuri di non esserne affetti?

I bias di conferma possono essere di vario tipo. Eccone alcuni casi.

Effetto dell’influenza continua (continued influence effect)

L’effetto dell’influenza continua si manifesta quando un’informazione scorretta viene ritratta, ma le persone continuano a crederci.

Alcuni esempi?

  • Nonostante sia stata ritrattata la pubblicazione scientifica che correla alcuni vaccini all’autismo molte persone continuano a crederla vera.
  • Nonostante da anni sia noto che la pausa tra pranzo e bagno in mare non deve essere per forza di 3 ore, ancora molte persone applicano questa regola ai propri figli (e anche il Ministero della Salute continua a consigliarlo, anche in assenza di evidenze scientifiche).
  • Durante la campagna elettorale che portò all’elezione di Barack Obama nel 2008, venne diffusa la notizia secondo cui Obama non fosse nato negli Stati Uniti. Nonostante furono poi diffusi certificati e raccolte testimonianze a riprova che fosse nato negli USA, anche a distanza di anni persisteva in alcune persone la convinzione che ciò non fosse vero.
  • Per 50 anni negli USA un collutorio per l’igiene dentale è stato pubblicizzato come capace di prevenire o lenire raffreddore e mal di gola. L’informazione non era corretta e nel 1976 la Federal Trade Commission statunitense ha costretto l’azienda a trasmettere per 16 mesi spot correttivi della cattiva informazione trasmessa. Gli effetti sono stati monitorati nel tempo, ma nonostante gli investimenti fatti, nel 1983 il 57% degli americani continuava a ritenere che il collutorio in questione fosse medicinale.

Essere consapevoli dell’effetto dell’influenza continua e della sua persistenza ci fa ben capire le conseguenze anche molto lunghe nel tempo della disinformazione su qualsiasi argomento, con effetti negativi per la democrazia. Rimuovere la disinformazione non è banale, come abbiamo visto negli esempi descritti prima, e può aiutare a rafforzare ancora di più le proprie posizioni.

L’effetto “fiamma di ritorno” (backfire effect)

Simile all’effetto dell’influenza continua è l’effetto “fiamma di ritorno”: ripetere l’informazione che si vuole smentire, perché magari scorretta rischia di rafforzarne la veridicità in chi l’ascolta. Spesso infatti i miti, le informazioni scorrette, sono molto più accattivanti e facili da ricordare della verità. Non a caso si dice “una smentita è una notizia data due volte“. Spesso la smentita contiene anche il messaggio scorretto che finisce così con l’arrivare anche a chi non lo conosceva.

Alcune ricerche hanno dimostrato che, per evitare l’effetto “fiamma di ritorno“, volendo trasmettere un messaggio che contiene un’informazione che ne corregge un’altra è più efficace esprimere per primo il messaggio corretto, enfatizzando i fatti, e solo poi segnalare l’informazione scorretta che si vuole confutare. In altri casi risulta invece utile controbattere alla disinformazione in maniera sintetica e puntuale. Fornendo pochi chiari elementi che definiscano i fatti in contrapposizione agli elementi di disinformazione l’attenzione dell’ascoltatore si concentrerà più sui primi.

La ricerca scientifica e il bias di conferma

Anche chi si occupa di ricerca scientifica può essere affetto dal bias di conferma.

Un esempio è il bias di congruenza (congruence bias), che può portare a scegliere di utilizzare metodi sperimentali che confermano le proprie ipotesi, non tenendo conto dei processi che potrebbero invece metterli in discussione.

Un altro errore in cui si può incappare facendo ricerca è legato al bias di aspettativa (expectation bias) che definisce la tendenza a credere ai risultati attesi e a tralasciare i risultati che non li confermano.

Un esempio: la (falsa) scoperta dei raggi N

Prosper René Blondlot

Prosper-René Blondlot che per primo annunciò la scoperta dei raggi N. Fonte: Wikipedia

Tra il 1903 e il 1906 sono stati pubblicati circa 300 articoli sui raggi N. I primi a descrivere l’osservazione di questa nuova “scoperta” furono scienziati con un certo riconoscimento scientifico e presto a loro seguirono i lavori di molti altri.

Contemporaneamente altri scienziati ancora, replicando gli stessi esperimenti non riuscivano a vedere assolutamente niente: nel tempo si capì che non c’era proprio niente da vedere. Se oggi dei raggi N non avete mai sentito parlare è perché… i raggi N semplicemente non esistono. Erano frutto di un’illusione ottica soggettiva che non veniva messa in discussione proprio perché corrispondeva ai risultati attesi e già descritti da altri.

Il caso dei raggi N è noto anche come esempio di “scienza patologica“. Infatti solo dopo anni la comunità di scienziati che per prima aveva immaginato di aver identificato i nuovi raggi si arrese all’evidenza!

Questa tipologia di errori si può verificare anche oggi all’interno della comunità scientifica, ma a differenza di un tempo è molto più facile che un errore venga individuato ed evidenziato, come successo qualche anno fa a proposito della velocità dei neutrini, di cui abbiamo parlato affrontando il tema degli errori di misura.

Ne prossimi articoli parleremo di errore di attribuzione, dissonanza cognitiva e bias di conformità.

Per approfondire:

Oltre ai link presenti all’interno del testo vi segnaliamo gli articoli a cui abbiamo fatto riferimento per questo post. Buona lettura!

Nickerson RS. Confirmation Bias: A Ubiquitous Phenomenon in Many Guises. Review of General Psychology. 1998;2(2):175-220.

Lewandowsky S, Ecker UK, Seifert CM, Schwarz N, Cook J. Misinformation and Its Correction: Continued Influence and Successful Debiasing. Psychol Sci Public Interest. 2012 Dec;13(3):106-31.

Jeng, M., 2006. A selected history of expectation bias in physics. American Journal of Physics 74, 578–583

Miller, Joshua and Sanjurjo, Adam, (2015), Surprised by the Gambler’s and Hot Hand Fallacies? A Truth in the Law of Small Numbers, No 552, Working Papers, IGIER (Innocenzo Gasparini Institute for Economic Research), Bocconi University.