L’opinione pubblica non esiste” titolava un articolo pubblicato nel 1976 da Pierre Bourdieu, sociologo francese. Con uno scritto ancora di grande attualità, vista la crescente rincorsa ai sondaggi d’opinione da parte dei vari gruppi politici, Bourdieu ha analizzato funzioni e funzionamenti dei sondaggi di opinione.

I sondaggi d’opinione, secondo la riflessione di Bourdieu, si basano infatti su tre postulati:

  1. Tutti possono avere un’opinione
  2. Tutte le opinioni sono uguali
  3. Esiste un consenso attorno alla problematicità proposta dalla domanda, ossia si sia tutti d’accordo sul fatto che la domanda posta meriti di essere posta

Ma, scrive Bourdieu, “Le questioni proposte dai sondaggi d’opinione sono subordinate a interessi politici“. Questo influisce non solo il mondo in cui vengono formulate le domande e gli argomenti attorno a cui si indaga, ma anche il modo con cui vengono proposti i risultati. Ciò non significa che non esista un’opinione pubblica: esistono temi su cui c’è un punto di vista maggioritario, come la contrarietà al terrorismo, ma non su tutto.

In “I numeri non sbagliano mai” (ed. Ponte alle Grazie, uno dei libri scelti messi nella nostra bibliografia) il matematico Jordan Ellenberg presenta alcuni interessanti esempi che ci permettono di chiarire dal punto di vista matematico come a volte è necessario interpretare gli esiti dei sondaggi. Perché se è vero che in alcuni casi è importante tener presente aspetti tecnici, come la scelta del campione, altre volte è il senso stesso dell’indagine che occorre mettere in discussione.

Appianare i debiti senza sacrifici: gli americani e un sondaggio della CBS

Il notiziario della CBS condusse nel gennaio del 2011 un sondaggio per indagare l’opinione americana rispetto alle opzioni plausibili per il taglio del debito pubblico. Per il 77% degli intervistati tagliare le spese rappresentava il miglior modo per affrontare il deficit, mentre il 9% era favorevole ad un aumento delle tasse.

Ma quali programmi tagliare?

Sottoponendo agli intervistati un elenco di servizi, solo il 38% degli intervistati individuava tra questi qualcosa su cui poter tagliare. Un 35% non riteneva si dovesse tagliare sui servizi proposti e un 27% rispondeva di non sapere. Il dato era in linea con un’altra indagine condotta nel 2010 dove si invitavano gli intervistati ad esprimersi su un elenco con 13 voci di spesa.

“La scure dell’opinione pubblica si abbatteva solo sugli aiuti ai paesi stranieri e sulle indennità di disoccupazione, che nel bilancio 2010 assommavano insieme a meno del 5% delle spese federali”

I risultati di questi sondaggi vennero interpretati facendo sembrare il pubblico contraddittorio. Ma, come dimostra Ellenberg, problemi di questo tipo si manifestano quando si vuole costruire un’opinione pubblica attorno ad un tema anche quando non c’è un pensiero maggioritario.

Semplificando, scrive Ellenberg:

“Supponente che un terzo dell’elettorato pensi che il deficit di bilancio andrebbe appianato aumentando le tasse senza tagliare le spese, che un altro terzo propenda per un taglio dei finanziamenti destinati alla difesa e che il restante terzo ritenga che si debbano tagliare drasticamente i sussidi previsti da MediCare. Due persone su tre vogliono tagliare le spese, perciò in un sondaggio in cui si chiede ‘Dovremmo tagliare le spese o aumentare le tasse?’ coloro che propendono per i tagli avranno una maggioranza di 67 a 33. Che cosa tagliare dunque? Se chiedete ‘Dovremmo tagliare le spese destinate alla difesa?’ riceverete in risposta un sonoro no: due terzi degli intervistati […] vogliono che il budget della difesa non sia toccato. E la domanda ‘Dovremmo tagliare MediCare?’ riceverà anch’essa solo un terzo dei consensi.”

Nel momento in cui non esiste un consenso tra gli americani rispetto a quali programmi sia utile tagliare non è costruibile “un’opinione pubblica” sul tema:

“Ciascun elettore ha una posizione politica assolutamente razionale. Eppure nell’insieme la loro posizione risulta assurda.”

L’effetto di indagini di questo tipo non porta a raccogliere l’opinione della maggioranza e permette al decisore politico di fare, di fatto, qualsiasi cosa.

Esistono esempi di questo tipo rintracciabili anche nelle modalità d’indagine dell’opinione pubblica in Italia? Scrivetecelo a sci4dem@unito.it!