In queste settimane molti titoli di giornale hanno sottolineato non solo la diversa letalità registrata in Italia tra uomini e donne, ma anche la diversa diffusione del Coronavirus tra maschi e femmine.
Alcuni titoli:
- Perché il Coronavirus colpisce più gli uomini che le donne? Ecco le ipotesi di medici e scienziati [Business Insider]
- Il coronavirus attacca più gli uomini, ma pesa di più sul lavoro delle donne [Corriere della Sera]
- Perché le donne si ammalano meno di coronavirus [Unitonews]
- Coronavirus, perché le donne sono meno esposte degli uomini [TgCom24]
- Virus, il grande paradosso delle donne: si ammalano meno ma hanno più paura [La Stampa]
I dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità dall’inizio dell’epidemia hanno effettivamente sempre portato a riflettere sulla diversa letalità del virus tra i due sessi, fenomeno che pare riguardare non solo l’Italia.
Ma la minor letalità non coincide con un minor numero di contagiati.
Anzi, con il passare delle settimane e il crescere del numero dei contagiati la distanza tra contagiati di sesso femminile e sesso maschile si è ridotta.
Coronavirus: chi si ammala di più?
Se il report messo a disposizione dall’ISS il 30 marzo (Tabella 1) mostrava il 44% di contagi di sesso femminile rispetto al totale dei contagi ecco che questo valore sale al 46,7% nel report successivo, del 6 aprile 2020 (Tabella 2) e raggiunge il 47,8% nel report del 9 aprile. Si tratta di differenze nel numero complessivo dei contagi tra i due generi minime e ancor meno significative se andiamo ad analizzare i dati per fasce d’età. I dati evidenziano una notevole differenza tra il numero di decessi di genere maschile e di genere femminile, ma questa differenza non c’è per quanto riguarda i contagi, soprattutto se leggiamo i dati in maniera più dettagliata sfruttando le tabelle che suddividono i dati per fasce d’età.Dalla tabella dei dati aggiornata al 9 aprile 2020 (Tabella 39 si ottiene infatti che su un totale di 136.110 casi registrati il 47,8% è rappresentato da soggetti di sesso femminile, quindi un valore di poco inferiore al 50%.
Occorre inoltre sottolineare che i casi qui indicati si riferiscono ai casi registrati positivi ai tamponi che difficilmente vengono fatti a persone asitomatiche: l’incertezza nell’interpretazione del dato deve tener conto, per esempio, che se le donne fossero meno sintomatiche (ma comunque infette) sarebbero sotto-rappresentate nel dato dei tamponi.
Le donne quindi non si ammalano di meno degli uomini in maniera significativa.Analizzando le fasce d’età si osserva inoltre che il numero delle femmine contagiate tra i 20 e i 50 e tra gli 80 e 90 anni è superiore o pari al numero degli uomini contagiati, e sono femmine il 72,3% delle over 90 contagiate dal Coronavirus (tra gli over 90 enni il 70% è donna).
È il range d’età 60-79 (e, parzialmente, la fascia 50-59 anni) a marcare una vera differenza nella diffusione del virus e a determinare il gap (per quanto piccolo) tra malati di sesso maschile e femminile nel risultato finale. Solo se ci si limita a guardare i numeri dei contagi per quella specifica fascia di età si può dire che le donne si ammalano significativamente meno degli uomini, non in generale.
Il Paradosso di Simpson
Questo fenomeno statistico è legato al Paradosso di Simpson: non sempre si ottengono analisi complete e corrette se non si analizzano i fenomeni tenendo conto delle diverse variabili che li compongono.
In questo caso tralasciare la variabile età nel riportare i dati sulla diffusione dei contagi porta ad avere un quadro complessivo non del tutto corretto. L’effetto è quello di evidenziare valori che rischiano di abbassare il livello di attenzione in quelle fasce d’età dove sono proprio le donne ad avere percentuali di contagi al momento addirittura maggiori.
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